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Daido Moriyama

Daido Moriyama classe 1938.

Nel 1960 divenne assistente del fotografo Eikoh Hosoe grazie al quale conobbe anche Shomei Tomatsu che divenne poi fondamentale per la crescita artistica di Daido Moriyama.

Nel 1961 entrò a far parte del collettivo VIVO con l’obiettivo di documentare i cambiamenti in atto in Giappone negli anni del dopoguerra.

Nel 1968 pubblicò il suo primo importante volume: Japan: A photo theater.

Nel 1968 uscì a Tokyo il primo numero di una rivista indipendente realizzata dai fotografi Takuma Nakahira e Yutaka Takanashi, il poeta Takahiko Okada e il critico Koji Taki: Provoke – Materiali provocanti per il pensiero.

Il giornale fu composto da fotografie aventi una precisa direttiva estetica “Are – Bure – Boke”, vale a dire quella dello “sgranato – mosso – sfocato” che in Giappone tra la fine degli anni Sessanta e Settanta assunse la valenza di un autentico rifiuto di tutto ciò che appartenesse al linguaggio tradizionale.

Gli animatori di Provoke contestarono alla radice la possibilità della fotografia di fornire una documentazione oggettiva della realtà secondo loro il linguaggio della fotografia è evocativo, soggettivo ed essa racconta frammenti di realtà.

Nel secondo numero del quadrimestrale fece la sua comparsa Daido Moriyama.

Le serie che Daido Moriyama pubblicò sul giornale Provoke testimoniarono fin da subito la portata innovatrice del fotografo in questione.

Daido Moriyama, dalla serie Eros, 1969

Nel 1972 portò a compimento quella sorta di distruzione dall’interno delle regole del linguaggio fotografico e del concetto stesso di fotografia attraverso il volume che costituisce uno spartiacque all’interno della fotografia giapponese: Shasin yo Sayonara (Addio fotografia, cara).

La fotgrafia in sé può essere riassunta nei termini “memoria/commemorazione/ documento” e non in “espressione/estetica”, che sono aggiunti, credo, al significato di una fotografia solo in un secondo momento.1

Nel film documentario Daido in color di Andrea Cossu (2014) Daido Moriyama afferma: “Il mio desiderio di guardare i soggetti del mondo non è cambiato. La città è erotica solo se piena di persone. […] La visione della fotografia a colori coesiste nella mia mente con la visione in bianco e nero.”

La serie Room (2015) venne esposta alla Quarantaseiesima edizione di Les Rencontres D’Arles (2015) all’interno della mostra “Another Language” mostra che si rifece alla mostra organizzata al MOMA di New York nel 974 da John Szarkowsli e Shoji Yamagishi

NOTE:

1: W. Guadagnini, Un cacciatore on the road, artedossier numero 326

2: A. Cossu, Daido in color, intervista Filippo Maggia, 2014


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